Le pesche sono frutti aromatici, dolcissimi, ricchi di acqua, fibra e vitamine, oltre che di sali minerali, ideali per recuperare quelli persi a causa delle bollenti temperature. Ma cosa succede se le si mangia ogni giorno, a pranzo e cena, con il colesterolo alto? È un’abitudine raccomandabile oppure da bandire senza indugi?
Pesche: ci sono delle raccomandazioni per chi ha il colesterolo alto?
Per stabilirlo partiamo dalle nozioni base, essenziali per effettuare qualsiasi valutazione in merito. Innanzitutto, le pesche presentano un valore calorico medio: 51 ogni 100 gr di prodotto, con 12 gr di carboidrati totali. Il loro indice glicemico è pari a 35, perciò idoneo al consumo da parte di un diabetico o di chi soffre di glicemia alta. Assumerle dà benefici anche nella riduzione del tessuto adiposo, in quanto contribuiscono a trasformare il grasso in energia.
Qualora si soffra, però, di diabete è meglio darsi un contegno nelle dosi, non superiori ai 100 gr quotidiani. Il frutto è, inoltre, ricco di fibre, utili a rallentare la conversione degli zuccheri in glicemia e riduce l’assorbimento di colesterolo. Su quest’ultimo agisce mediante l’apporto di composti fenolici. Tali sostanze si legano agli acidi biliari e promuovono l’espulsione del colesterolo in eccesso.
Il consumo delle pesche è preferibile lontano dai pasti, o quantomeno non insieme a carboidrati e latticini. Difatti, introducendoli nel corpo in una sola volta la digestione diverrebbe più lenta, ragion per cui la pesca fermenterebbe all’interno del tratto digerente, provocando tensione e disturbi. L’alto concentrato di antiossidanti contribuisce a rallentare l’invecchiamento cellulare.
Idratanti e diuretiche, le pesche aiutano nella dura lotta contro la pelle a buccia d’arancia. E hanno vitamina A e C in abbondanza, oltre ad avere elevati quantitativi di potassio: ben 333 mg ogni 100 grammi di prodotto. In particolare, dà dei vantaggi con il caldo, che espone a un maggiore rischio di squilibrio degli elettroliti.